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Con protesi totale d’anca si intende la sostituzione dell’intera articolazione dell’anca con un impianto meccanico, protesico.

Cos’è


Le protesi devono soddisfare diversi requisiti, i più ovvi e importanti sono: poter ripetere gli stessi movimenti dell’articolazione naturale quando è sana e osteo-integrarsi, ossia accogliere i tessuti (ossei, muscolari, fasciali) senza generare reazioni avverse, inoltre devono essere longeve e revisionabili al bisogno. La protesi totale d’anca è costituita da 4 parti: stelo femorale, collo femorale, testa, acetabolo.Per l’articolazione dell’anca si va ad asportare il collo femorale e la testa femorale, si prepara il canale del femore per ospitare lo stelo che nel caso del modello Kyon (leader mondiale) viene avvitato al femore stesso, consentendo grande stabilità sin da subito. Si procede a pulire l’acetabolo da osteofiti e residui legamentosi, per poi fresarlo con delle frese sferiche, sino alla misura ideale per quel paziente (ad oggi abbiamo coppe che partono dai 12 mm e arrivano oltre i 36 mm). Preparati “gli alloggi” si passa all’inserimento della protesi, prima la coppa, che nel caso Kyon viene alloggiata con tecnica press-fit, ossia in genere senza viti, per poi passare allo stelo, il collo e la testa. A questo punto non resta che riposizionare la testa all’interno della coppa e verificare la stabilità dell’impianto e della nuova articolazione. Se i test vengono superati si procede alla ricostruzione per piani mediante filo riassorbibile. E’ possibile abbinare alla tecnica un tampone per verificare e dimostrare la sterilità della procedura ( ovviamente questo aumenta leggermente i costi e si esegue di routine durante le eventuali revisioni). 

Quando farla


Oggi è praticabile su tutti i pets, indipendentemente dal peso. Come per ogni impianto protesico occorrono alcune premesse relative al fatto che il problema sia monolaterale o bilaterale. Nel caso in cui entrambi gli arti siano interessati significa che il nostro pet ha difficoltà a caricare entrambi gli arti. Un impianto protesico è meglio impiantarlo prima che le difficoltà siano tali da portare il paziente a caricare immediatamente e in maniera preferenziale quello con l’impianto protesico. Ossia che carichi in maniera importante e troppo presto la protesi, prima che si sia integrata. Questo accade appunto quando il dolore sull’arto non operato è superiore a quello legato alla chirurgia e non è affatto un bene. Quindi l’opportunità di attendere sino all’ultimo istante per fare una protesi è possibile in quei casi monolaterali. Tuttavia abbiamo altri dati importanti da analizzare, in letteratura sappiamo che se l’articolazione è fortemente danneggiata o rimaneggiata i rischi di fallimento arrivano a 7 volte in più. Inoltre a fronte di un’articolazione dichiaratamente malata e dolorante perché attendere del tempo prima di far stare bene il nostro pet? Benefici e rischi paiono propendere per intervenire quando la patologia è dichiarata e i dolori iniziano, non si consiglia di attendere che la situazione diventi drammatica. Vi ricordo che le zoppie degli arti posteriori (tanto più se bilaterali) possono essere manifeste con lentezze nell’alzarsi, nello stare seduti o sdraiati appena possibile, nel correre a leprotto, nel ridurre il gioco, nel far fatica a saltare sulla macchina. In ultimo non esistono cuccioli di cane o gatto che giochino poco o che si stanchino subito, non esistono gatti che non saltano con facilità sul ripiano della cucina o che non riescano a salire su un armadio. 

Cosa aspettarsi

Si tratta di una chirurgia che viene eseguita in regime di day hospital o col ricovero di un giorno. Alla dimissione il vostro cane o gatto sarà completamente sveglio, forse un po’ meno attivo, i farmaci analgesici e spesso oppiacei consentiranno il buon controllo del dolore ma possono lasciare sonnolenza.

Spesso alla dimissione appoggiano la zampa operata, tenete conto della grande copertura analgesica peri-operatoria. Nel caso avesse fatto una anestesia loco-regionale con anestetici di lunga durata la zampa potrebbe apparire insensibile ed essere portata come fosse non vitale, sarà l’anestesista a spiegarvi per quante ore. In genere la cicatrice cutanea va da 5 a 20 cm a seconda della taglia del paziente. Sovente alla dimissione avrà un cerotto sterile che copre la ferita. Dovrà mettere un collare elisabettiano prima di essere lasciato incustodito, anche per pochi minuti.

Gestione post-operatoria

Occorre posizionare un collare elisabettiano da subito, per 12 giorni circa. Il cerotto va mantenuto asciutto e pulito e nel caso si bagni, si sporchi o scenda tanto da mostrare anche solo l’inizio della cicatrice allora occorre levarlo ed è consigliabile sostituirlo con uno sterile nuovo. Normalmente è sufficiente che resti in sede per le prime 5-7 giornate, dopodiché la ferita può stare esposta all’aria. E’ perentorio che non si lecchi (ricorda il collare elisabettiano), neppure un minuto, pena sono le infezioni.

Deve fare delle uscite controllate per i bisogni fisiologici. Sono sufficienti due brevi uscite al giorno, sempre al guinzaglio per non più di dieci minuti, per i primi due mesi. Consiglio l’utilizzo di una fascia inguinale, per scaricare un po’ di peso e più che altro per avere il controllo totale sul movimento del vostro cane, nel gatto non occorre. Deve evitare categoricamente corse e salti, inclusi sali e scendi da rialzi, divani, sedie, panche o scale. Sono anni che non prescriviamo il riposo in gabbia, è sufficiente un ambiente, una stanza, circoscritta, senza rialzi e meglio se con un pavimento antiscivolo, nel caso suggerisco di usare dei vecchi tappeti.

Le grandi funzioni organiche (cibarsi, bere, fare i bisogni) devono essere nella norma. Può accadere che per 3-4 giorni non defechi, nel caso è sufficiente dare una piccola quantità di latte (da mezza tazzina a una tazza a seconda della taglia) per favorire la ripresa della defecazione (secondario all’anestesia). Verranno prescritte delle terapie antibiotiche e antinfiammatorio-analgesiche a seconda della gravità all’ingresso, oltre alle terapie per l’eventuale gestione di fenomeni artrosici già in atto o che rischiano di instaurarsi.

Verranno effettuati 3 controlli fissi: 

  • A 10 gg per controllare la sutura e vedere se prolungare oltre la terapia antibiotica.
  • A 30 e 60 gg per eseguire le radiografie di controllo e valutare l’avanzamento della guarigione e controllare che non ecceda nel movimento.

Durante i 60 giorni post-operatori la zoppia sarà altalenante dipenderà dal fatto che appena si sentono bene caricano l’arto comportando per il giorno successivo una lieve zoppia (maggiore). In genere non devono esserci cambi di atteggiamento repentini, la zampa non deve mai essere calda, gonfia o dolente e men che meno a penzoloni o storta. 

Possibili complicanze

La prima complicanza è che si sporchi, bagni o scenda il cerotto (accadrà è solo questione di ore), va levato appena si manifesta una delle situazioni indicate e va sempre e comunque applicato un collare elisabettiano o simili, per evitare che si lecchi.

Le complicanze sono divisi in maggiori e minori e le percentuali riportate in letteratura sono varie, ma tutti concordano che in primo luogo siano legate all’esperienza del chirurgo. Le complicanze maggiori hanno percentuali molto basse e il fallimento è indicato nell 1% dei casi, tuttavia può arrivare al 7% nei casi molto gravi, in cui l’articolazione è molto danneggiata.

Se si leccano partono immediatamente infezioni cutanee che possono poi evolvere e coinvolgere i tessuti circostanti, se arrivasse all’impianto e all’osso diverrebbe una complicanza maggiore, sino a richiedere una revisione della chirurgia o addirittura l’espianto della protesi.

Infezioni per altri motivi sono comunque rare ma possibili.

Possono formarsi ematomi di diverso grado e distribuzione, diventano gravi se concomitanti a un importante gonfiore e dolore.

Reazioni dermiche ai fili di sutura da gestire come se fossero iniziali infezioni.

Nel caso di salti o corse o movimenti eccessivi si può (rarissimo) arrivare alla rottura di una o più viti o addirittura dello stelo o del collo (ancora più raro), evento che richiederebbe immediata revisione chirurgica.

La complicanza più frequente è la lussazione tra la componente distale (stelo-collo-testa) e l’acetabolo, implicando un immediato approccio di riduzione della stessa e successivo bendaggio, e in caso di ulteriore recidiva di una revisione chirurgica in cui in genere è sufficiente porre un collo più lungo per compensare l’incompetenza articolare acquisita.

Qualora la lussazione non venga recepita immediatamente la possibilità incruenta (non chirurgica) è vana e occorre passare in chirurgia.

Sono possibili ritardi della guarigione ossea, in genere la causa principale è l’eccesso di movimento. Sono possibili instabilità della coppa o dello stelo, detto loosening, su base settica (infezioni) o di semplice mancata integrazione), spesso richiedono revisioni chirurgiche. Sono possibili fratture di femore sempre secondarie a movimento eccessivo o errato o trauma. Sono segnalate maggiormente fratture in cani femmina in stadio avanzato della patologia, motivo per cui a volte viene suggerito l’impianto di una placca preventiva a proteggere il femore.

Sono possibili deviazioni assiali di femore o coppa ( antero o postero-versione o ridotta copertura acetabolare) di origine chirurgica o successivamente traumatica. Se tali deviazioni sono significative può avvenire una lussazione testa-coppa.

Cedimenti di suture sono in genere successive a lambimenti, sfregamenti o traumi, difficilmente cedono per motivi primari.

Insegnare al cane il comando “seduto” è uno dei primi passi nell’addestramento di base ed è abbastanza semplice. Ecco una guida passo-passo per insegnare al tuo cane a sedersi:

Passo 1: Prepara i premi

Assicurati di avere a portata di mano alcuni premi gustosi o giocattoli che il tuo cane ama. Questi saranno utilizzati come rinforzi positivi durante l’addestramento.

Passo 2: Scegli il posto

Inizia l’addestramento in un luogo tranquillo e privo di distrazioni. Fai sedere il tuo cane di fronte a te in modo che possa vederti e ascoltarti chiaramente.

Passo 3: Attraimento

Con il premio in mano, fai attenzione a farlo annusare dal tuo cane per attirare la sua attenzione. Poi, lentamente, alza il premio sopra il muso del cane e spostalo leggermente verso l’alto. Questo incoraggerà il cane a seguire il premio con il naso.

Passo 4: Guida il Movimento

Mentre il cane segue il premio con il naso, muovi gradualmente il premio verso l’alto e sopra la testa del cane. Questo farà sì che il cane alzi la testa verso il cielo, portando automaticamente il suo posteriore a terra.

Passo 5: Fai associare la parola al gesto

Appena il cane assume la posizione seduta, pronuncia chiaramente il comando “seduto” e consegnagli immediatamente il premio. Assicurati di premiare immediatamente il comportamento desiderato per associare il comando con l’azione corretta.

Passo 6: Rinforza e Ripeti

Ripeti questo processo più volte, premiando ogni volta che il cane si siede correttamente in risposta al comando. Mantieni le sessioni di addestramento brevi e divertenti, in modo che il cane rimanga interessato e motivato.

Passo 7: Introduci la Parola Chiave

Dopo che il cane ha iniziato a rispondere regolarmente al comando “seduto”, inizia a introdurre la parola chiave prima di dare il comando. Ad esempio, pronuncia “seduto” seguito immediatamente dalla guida del movimento con il premio. Questo aiuterà il cane a associare la parola con l’azione.

Passo 8: Pratica in Diverse Posizioni

Una volta che il cane ha padroneggiato il comando “seduto” in un luogo tranquillo, prova a praticare in luoghi diversi e con distrazioni leggere. Questo aiuterà il cane a generalizzare il comando e ad eseguirlo in una varietà di situazioni.

Passo 9: Rinforzo positivo continuo

Continua a rinforzare il comando “seduto” regolarmente durante le attività quotidiane e le sessioni di addestramento. Ricorda di premiare e lodare il tuo cane ogni volta che risponde correttamente al comando.

Seguendo questi passaggi e mantenendo una pratica costante e positiva, il tuo cane dovrebbe imparare rapidamente il comando “seduto” e rispondere con entusiasmo ogni volta che lo usi.

 

Rimuovere una zecca è un operazione delicata, come prima cosa devi sapere che le zecche portano malattie, vengono trasmesse grazie alla loro saliva, motivo per cui si consiglia di rimuoverle cercando di minimizzare i danni. L’estrazione ha come obbiettivo principale rimuovere la zecca senza spremerla, senza ucciderla, evitando che possa rigurgitare ulteriore materiale inoculandolo nel tuo cane o gatto o purtroppo a volte nella persona.

Alcune zone d’Italia sono endemiche per malattie gravi come l’encefalite da zecche che colpisce l’uomo, mentre più frequentemente trasmettono malattie come la borreliosi o la babesiosi che se diagnosticate per tempo sono facilmente curabili nel cane esattamente come le ricketsiosi nel gatto.

In farmacia vendono delle apposite forcine, hanno una baionetta doppia che si infila tra zecca e cute, una volta arrivati alla base si imprime una rotazione in senso anti orario e si traziona sino staccare il parassita. 

Se sei lontano da una farmacia puoi utilizzare delle pinzette, che devono essere sottili, per potersi infilare tra la testa della zecca e la cute, per eseguire la medesima azione di rotazione e trazione.

Ovviamente se la zecca è arrivata al tuo pet o il repellente non agisce più o semplicemente non è stato applicato correttamente, oppure ha subito dei trattamenti successivi che hanno vanificato la profilassi, parlane col tuo veterinario.

Una volta estratta la zecca è importante non buttarla nell’ambiente ma piuttosto in un sacchetto o barattolo chiuso, accertarsi di ucciderla potrebbe non essere sufficiente se siamo di fronte a una femmina adulta piena di uova mature, potrebbe contaminare l’ambiente.

Ovviamente tutti sappiamo come sia semplice proteggere noi stessi, i nostri giardini i nostri figli semplicemente prevenendo la contaminazione sui nostri pet. Esatto con una corretta prevenzione non proteggete solo il cane e il gatto ma voi stessi e i vostri ambienti, questo vale anche per le pulci e altri parassiti. 

Ogni anno in ambito farmacologico ci sono delle importanti novità, per continuare a essere aggiornati e protetti rivolgiti al tuo veterinario; sarà lui a proporti il miglior trattamento possibile.

I nostri animali da compagnia sono carnivori?

Si, cane e gatto appartengono all’ordine dei carnivori ma in realtà solo il gatto è un carnivoro obbligato, ovvero ha la necessità di assumere un’elevata quantità di proteine; mentre il cane invece è definito come carnivoro opportunista cioè in grado di consumare diversi tipi di alimenti.

La differenza dell’alimentazione nelle due specie può essere riconducibile ad un differente sviluppo evolutivo, più precisamente dipendente dal rapporto con l’uomo; infatti, i cani sono stati addomesticati circa 40.000 anni fa mentre i gatti solo 10.000.

Il rapporto uomo-cane nasce e si basa sulla reciprocità di vantaggi che garantiscono la sopravvivenza, basti pensare ai cani da caccia che garantiscono provvigioni all’uomo e viceversa l’uomo garantisce protezione e un luogo dove vivere al cane.

Il rapporto uomo-gatto invece può essere riconducibile all’epoca degli egizi, dove erano venerati come animali sacri, mentre in occidente i gatti venivano addomesticati per proteggere le coltivazioni, per esempio da topi.

I due tipi di rapporti sono differenti sotto molteplici aspetti, quello più evidente è la durata in termini di tempo che ha determinato lo sviluppo di abitudini alimentari più simili all’uomo principalmente nei cani.

I cani hanno un’ampia abilità onnivora ma ciò non significa che non possano sopravvivere anche come carnivori. In generale la dieta del cane è composta all’incirca da 30-40% di proteine, 40-50% di carboidrati e 20% di verdure.

I gatti sono carnivori in senso stretto, la loro dieta è composta dal 45% di proteine, 45% di grassi e 5% di carboidrati.

Purtroppo, capita frequentemente che i gatti vengano alimentati solamente con carne e pesce credendo sia la dieta più ‘naturale’ possibile, in realtà comporta carenze di elementi nutritivi fondamentali. Se consideriamo i felini o i canini selvatici, essi stessi hanno una dieta molto varia, si nutrono di muscolo, ma anche di cute, visceri di erbivori, annessi cutanei e ossa e cartilagini, insomma divorano tutto delle prede variando valsolo muscolo. Inoltre non disdegnano alcuni vegetali, un esempio comune è la rosa canina.

In conclusione, per alimentare in maniera corretta il proprio animale, sia che si scelga una dieta casalinga o commerciale, bisogna che sia bilanciata (assai dificile da elaborare in autonomia) o rivolgersi a un veterinario nutrizionista. 

ANCHE IL TUO CANE O GATTO HA PAURA DEI FUOCHI E DEI BOTTI?

Pochi giorni a capodanno, come aiutare in maniera efficace i nostri pet?

Fuochi e botti sono un vero problema, terrorizzano i nostri cani e gatti. A nulla è servito cercare di sensibilizzare gli umani nel ridurre o evitare di fare fuochi e botti. Quindi la cura è semplice, come per molte malattie ed allergie basta de-sensibilizzare i nostri amati pet.

Un modo semplice è sfruttare YouTube, scegli dei video con dei fuochi d’artificio, con audio originale e porta il volume a un livello molto basso, mi raccomando comincia essendo certo che il volume sia davvero molto molto basso. Convinci il tuo pet a stare in zona televisione e offrigli dei premi (biscotti o simili) se ti pare che sia molto tranquillo lascia andare i video. Il giorno dopo dovrai ripetere e aumentare il volume davvero poco, continua a trasformare quel momento in qualcosa di positivo. Ripeti fino a quando il volume sarà simile a quello che terresti per guardare un film, se arrivati a tanto il tuo pet sarà tranquillo potrai salire di volume, ma per pochi attimi e continuando a dare stimoli positivi (biscotti, coccole, gioco). Se ti accorgi di generare stress devi interrompere subito e tornare indietro, abbassare significativamente il volume e ripetere. Meglio andare in progressione molto lenta piuttosto che vanificare il lavoro fatto. 

Un esempio pratico: giorno 1 -> metti il volume della televisione a 1 (minimo) seleziona un video o in alternativa usa un telefono o un tablet o uno stereo. Porta il volume a un livello che si possa sentire ma sia basso e non fastidioso, tieni conto che in certi momenti il volume sarà più alto. Lascia andare per circa 20 minuti e nel mentre interagisci in maniera positiva col tuo pet, offri dei premi e coccole.

Giorno 2-> comincia come il giorno prima e dopo le prime interazioni aumenta il volume di in paio di tacche, osserva sempre il tuo pet, se manifestasse timore o reticenza abbassa il volume e ricomincia.

Giorno 3-> ripeti come giorno due aumentando il volume lentamente e osservando sempre il tuo pet.

Continua sino a quando non avrà più alcun fastidio anche a volume alto, dovrà diventare indifferente come quando guardate un qualunque film ad alto volume.

Scopriamo insieme qualche definizione riguardante l’alimentazione e la nutrizione.

Innanzitutto, con il termine alimentazione si intende la somministrazione o l’assunzione di alimenti indispensabili all’organismo, quindi si riferisce all’atto di mangiare; la nutrizione invece è la scienza che studia l’interazione tra i nutrimenti e l’organismo (ecco perché il veterinario, se specializzato in questo campo, è nutrizionista).

Con la parola dieta si intende la composizione qualitativa di ciò che l’animale mangia mentre la razione è la quantità che l’animale mangia giornalmente. 

Il nutrizionista stabilisce un razionamento, cioè l’insieme della dieta e della razione necessari per soddisfare il fabbisogno giornaliero dell’animale. 

Per svolgere questo compito è necessario conoscere informazioni riguardanti il singolo alimento e le esigenze alimentari del singolo animale.

Per una corretta alimentazione si prendono in considerazione i fabbisogni dei vari principi nutritivi come: minerali, vitamine, carboidrati, grassi, proteine e acqua.

Il fabbisogno energetico giornaliero è definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico, per mantenere le funzioni vitali. Questa energia sarà necessaria per tutti i processi biochimici dell’organismo.

Il fabbisogno di un alimento è quindi la misura di quanto esso risulta indispensabile in un dato momento.

La nutrizione fa si che cane e gatto possano mantenere un corretto stato di salute e prevenire l’eventuale insorgenza di patologie.

Un animale già malato è importante che segua una corretta alimentazione per evitare un peggioramento delle condizioni (come nel caso del diabete o della pancreatite), impedendo l’evoluzione della malattia, rallentandola o addirittura facendola sparire totalmente.

Ma a cosa servono le sostanze nutritive? 

È intuitivo che dai nutrienti si ricava energia, l’energia che ogni animale spende giornalmente.

Ps. Le funzioni dell’organismo sono molte e differenti e, questa famigerata energia, ricavata dai nutrienti, le permette tutte!

Con l’acronimo TTA si intende Tibialt Tuberosity Advancement, avanzamento della tuberosi tibiale.

Il chirurgo pratica un taglio rettilineo sulla porzione prossimale della tibia (parte vicina al ginocchio), Separando la cresta tibiale sino alla porzione distale (bassa). 

Cos’è


Terminata l’osteotomia (taglio dell’osso) si pratica un avanzamento della porzione prossimale (alta) della tibia, che include appuntella cresta tibiale. La sintesi viene fatta mediante l’inserimento di una gabbietta (in genere in titanio) poroso o lamellare come distanziatore, bloccata mediante 2 piccole viti, in secondo luogo la cresta tibiale viene tenuta fissa grazie a una placca dalla forma lanceolata e grazie all’inserimento di alcune viti. Questa osteotomia che viene effettuata sulla tibia, tagliandola sotto l’articolazione, consente, senza entrare in articolazione, di dare al ginocchio una nuova stabilità articolare nonostante l’incompetenza dl legamento crociato anteriore, scartinando quasi tutto il carico che dovrebbe reggere il crociato al legamento tibia rotuleo. Con dei limiti maggiori rispetto alla TPLO, in termini di tipologia di tibia e dimensioni della stessa. 

Quando farla


Quando il legamento crociato anteriore si lesiona (si rompe totalmente o parzialmente) il ginocchio diviene instabile. Costituito da femore e tibia e rotula, il ginocchio è fatto per flettere ed estendere e per una lievissima rotazione. Quando il crociato perde competenza la tibia tende a lussare in avanti. Nel cane e gatto a differenza dell’uomo (che è un bipede e ha la gamba dritta) il ginocchio ha un angolo importante anche quando sono fermi, e questo comporta che anche da fermi, col solo carico del peso la tibia lussi ( nell’uomo da fermo tende a restare in sede). In genere comporta un fastidio gestibile, una zoppia lieve, riesce a fare tutto, almeno sino a che a causa dell’instabilità si lesioni anche il menisco mediale, spesso in maniera irreparabile, evocando una zoppia decisamente più importante. Non operare NON è un opzione, con il crociato lesionato il ginocchio va incontro a una rapidissima degenerazione di tipo artrosico, lesiona sicuramente il menisco e in breve le cartilagini. Nell’uomo le lesioni secondarie da crociato ci possono volere diversi anni per vederle radiograficamente, nel cane e gatto è sufficiente uno o due mesi. Più si aspetta e peggiore sarà il recupero. In ultimo la bibliografia mondiale è concorde nella superiorità della TPLO come tecnica, poiché ha meno limiti e complicanze.

Cosa aspettarsi

Si tratta di una chirurgia che viene eseguita in regime di day hospital. Alla dimissione il vostro cane o gatto sarà completamente sveglio, forse un po’ meno attivo, i farmaci analgesici e spesso oppiacei consentiranno il buon controllo del dolore ma possono lasciare sonnolenza.

Spesso alla dimissione appoggiano la zampa operata, tenete conto della grande copertura analgesica peri-operatoria. Nel caso avesse fatto una anestesia loco-regionale con anestetici di lunga durata la zampa potrebbe apparire insensibile e portata come fosse non vitale, sarà l’anestesista a spiegarvi per quante ore. Nella maggior parte dei casi sarà stato necessario esplorare anche l’articolazione del ginocchio con un incisione parapatellare per esplorare il menisco, indipendentemente da ciò in genere la cicatrice cutanea va da 4 a 15 cm a seconda della taglia del paziente. Sovente alla dimissione avrà una fasciatura che avvolge il ginocchio o l’intero arto. Si tratta di un bendaggio morbido.

Gestione post-operatoria

Non occorre applicare un collare elisabettiano sinché il bendaggio è in posizione e non si vede la ferita. Il bendaggio va mantenuto asciutto e pulito e nel caso si bagni, si sporchi o scenda tanto da mostrare anche solo l’inizio della cicatrice allora occorre levarlo. Normalmente è sufficiente che resti in sede per le prime ore, dopodiché occorre passare a un bendaggio leggero, o a una calza lunga con fissaggio sulla groppa o più comunemente a un collare elisabettiano. E’ perentorio che non si lecchi, neppure un minuto, pena sono le infezioni.

Deve fare delle uscite controllate per i bisogni fisiologici. Sono sufficienti due brevi uscite al giorno, sempre al guinzaglio per non più di dieci minuti., per i primi due mesi. Deve evitare categoricamente corse e salti, inclusi sali e scendi da rialzi, divani, sedie, panche o scale. Sono anni che non prescriviamo il riposo in gabbia, è sufficiente un ambiente, una stanza, circoscritta, senza rialzi e meglio se con un pavimento antiscivolo, nel caso suggerisco di usare dei vecchi tappeti.

Le grandi funzioni organiche (cibarsi, bere, fare i bisogni) devono essere nella norma. Può accadere che per 3-4 giorni non defechi, nel caso è sufficiente dare una piccola quantità di latte (da mezza tazzina a una tazza a seconda della taglia) per favorire la ripresa della defecazione (secondario all’anestesia). Verranno prescritte delle terapie antibiotiche e antinfiammatorio-analgesiche a seconda della gravità all’ingresso, oltre alle terapie per l’eventuale gestione di fenomeni artrosici già in atto o che rischiano di instaurarsi.

Verranno effettuati 3 controlli fissi: 

  • A 10 gg per controllare la sutura e vedere se prolungare oltre la terapia antibiotica.
  • A 30 e 60 gg per eseguire le radiografie di controllo e valutare l’avanzamento della guarigione e controllare che non ecceda nel movimento.

Durante i 60 giorni post-operatori la zoppia sarà altalenante dipenderà dal fatto che appena si sento no bene caricano l’arto comportando per il giorno successivo una zoppia maggiore. In genere non devono esserci cambi di atteggiamento repentini, la zampa non deve mai essere calda, gonfia o dolente e men che meno a penzoloni o storta.

Verranno effettuati 3 controlli fissi:

  • A 10 gg per controllare la sutura e vedere se prolungare oltre la terapia antibiotica.
  • A 30 e 60 gg per eseguire le radiografie di controllo e valutare l’avanzamento della guarigione e controllare che non ecceda nel movimento.

Durante i 60 giorni post-operatori la zoppia sarà altalenante dipenderà dal fatto che appena si sento no bene caricano l’arto comportando per il giorno successivo una zoppia maggiore. In genere non devono esserci cambi di atteggiamento repentini, la zampa non deve mai essere calda, gonfia o dolente e men che meno a penzoloni o storta.

Possibili complicanze

La prima complicanza è che si sporchi, bagni o scenda il bendaggio (accadrà è solo questione di ore), va levata appena si manifesti una delle situazioni indicate e va applicato un collare elisabettiano o simili, per evitare che si lecchi.

Le complicanze sono divisi in maggiori e minori e le percentuali riportate in letteratura sono varie, ma tutti concordano che in primo luogo siano legate all’esperienza del chirurgo. Le complicanze maggiori hanno percentuali basse inferiori al 5%, mentre le minori sono più frequenti 7-10%.

Se si leccano partono immediatamente infezioni cutanee che possono poi evolvere e coinvolgere i tessuti circostanti, se arrivasse alla placca e all’osso diverrebbe una complicanza maggiore, sino a richiedere una revisione della chirurgia.

Infezioni per altri motivi sono comunque rare ma possibili.

Possono formarsi ematomi di diverso grado e distribuzione, diventano gravi se concomitanti a un importante gonfiore e dolore.

Possono subentrare delle lacerazioni del fascio vascolare popliteo, in genere intra-operatorio, segnalato aneddoticamente il giorno successivo.

Reazioni dermiche ai fili di sutura da gestire come se fossero iniziali infezioni.

Nel caso di salti o corse o movimenti eccessivi si può (rarissimo) arrivare alla rottura di una o più viti o addirittura della placca (ancora più raro), evento che richiederebbe immediata revisione chirurgica. Sono possibili deviazioni assiali residue o acquisite da trauma durante la guarigione, talvolta possono comportare una lussazione rotulea. 

Sono possibili ritardi della guarigione ossea, in genere la causa principale è l’eccesso di movimento. Sono possibili fratture di tibia sempre secondarie a movimento eccessivo o errato o trauma.

Alcuni studi riportano che il 3,5 % di pazienti con menisco sano al momento della chirurgia riesca a rompere il menisco mediale nell’anno successivo, esperienza dell’autore inferiore all 1%.

Cedimenti di suture sono in genere successive a lambimenti, sfregamenti o traumi, difficilmente cedono per motivi primari.

Con l’acronimo TPLO si intende Tibial Plateau Levelling Osteotomy, ossia in italiano il livellamento del piatto tibiale. Nel 2023 è ancora la tecnica più utilizzata e con meno complicanze per il trattamento delle lesioni del legamento crociato anteriore del ginocchio nel cane e ultimamente anche nel gatto.

Cos’è


Il chirurgo pratica un taglio curvilineo sulla porzione prossimale della tibia (parte vicina al ginocchio), il segmento curvo se continuasse disegnerebbe un cerchio il cui centro deve corrispondere al centro dell’articolazione del ginocchio vista in proiezione laterale. Terminata l’osteotomia (taglio dell’osso) si pratica una rotazione della porzione prossimale (alta) della tibia, che include appunto il piatto tibiale, ossia l’articolazione del ginocchio e si porta il piatto tibiale da patologico ( in genere superiore ai 20°) a un angolazione compresa tra 0° e 7 ° rispetto l’asse della tibia. La sintesi viene effettuata grazie all’inserimento di una placca modellata (specifica per TPLO) e l’inserimento di 4-8 viti. Questa rotazione che viene effettuata sulla tibia, tagliandola sotto l’articolazione, consente, senza entrare in articolazione, di dare al ginocchio una nuova stabilità articolare nonostante l’incompetenza dl legamento crociato anteriore. 

Quando farla


Quando il legamento crociato anteriore si lesiona (si rompe totalmente o parzialmente) il ginocchio diviene instabile. Costituito da femore e tibia e rotula, il ginocchio è fatto per flettere ed estendere e per una lievissima rotazione. Quando il crociato perde competenza la tibia tende a lussare in avanti. Nel cane e gatto a differenza dell’uomo (che è un bipede e ha la gamba dritta) il ginocchio ha un angolo importante anche quando sono fermi, e questo comporta che anche da fermi, col solo carico del peso la tibia lussi ( nell’uomo da fermo tende a restare in sede). In genere comporta un fastidio gestibile, una zoppia lieve, riesce a fare tutto, almeno sino a che a causa dell’instabilità si lesioni anche il menisco mediale, spesso in maniera irreparabile, evocando una zoppia decisamente più importante. Non operare NON è un opzione, con il crociato lesionato il ginocchio va incontro a una rapidissima degenerazione di tipo artrosico, lesiona sicuramente il menisco e in breve le cartilagini. Nell’uomo le lesioni secondarie da crociato ci possono volere diversi anni per vederle radiograficamente, nel cane e gatto è sufficiente uno o due mesi. Più si aspetta e peggiore sarà il recupero.

Cosa aspettarsi

Si tratta di una chirurgia che viene eseguita in regime di day hospital. Alla dimissione il vostro cane o gatto sarà completamente sveglio, forse un po’ meno attivo, i farmaci analgesici e spesso oppiacei consentiranno il buon controllo del dolore ma possono lasciare sonnolenza.

Spesso alla dimissione appoggiano la zampa operata, tenete conto della grande copertura analgesica peri-operatoria. Nel caso avesse fatto una anestesia loco-regionale con anestetici di lunga durata la zampa potrebbe apparire insensibile e portata come fosse non vitale, sarà l’anestesista a spiegarvi per quante ore. Nella maggior parte dei casi sarà stato necessario esplorare anche l’articolazione del ginocchio con un incisione parapatellare per esplorare il menisco, indipendentemente da ciò in genere la cicatrice cutanea va da 3 a 8 cm a seconda della taglia del paziente. Sovente alla dimissione avrà una fasciatura che avvolge il ginocchio o l’intero arto. Si tratta di un bendaggio morbido.

Gestione post-operatoria

Non occorre applicare un collare elisabettiano sinché il bendaggio è in posizione e non si vede la ferita. Il bendaggio va mantenuto asciutto e pulito e nel caso si bagni, si sporchi o scenda tanto da mostrare anche solo l’inizio della cicatrice allora occorre levarlo. Normalmente è sufficiente che resti in sede per le prime ore, dopodiché occorre passare a un bendaggio leggero, o a una calza lunga con fissaggio sulla groppa o più comunemente a un collare elisabettiano. E’ perentorio che non si lecchi, neppure un minuto, pena sono le infezioni.

Deve fare delle uscite controllate per i bisogni fisiologici. Sono sufficienti due brevi uscite al giorno, sempre al guinzaglio per non più di dieci minuti., per i primi due mesi. Deve evitare categoricamente corse e salti, inclusi sali e scendi da rialzi, divani, sedie, panche o scale. Sono anni che non prescriviamo il riposo in gabbia, è sufficiente un ambiente, una stanza, circoscritta, senza rialzi e meglio se con un pavimento antiscivolo, nel caso suggerisco di usare dei vecchi tappeti.

Le grandi funzioni organiche (cibarsi, bere, fare i bisogni) devono essere nella norma. Può accadere che per 3-4 giorni non defechi, nel caso è sufficiente dare una piccola quantità di latte (da mezza tazzina a una tazza a seconda della taglia) per favorire la ripresa della defecazione (secondario all’anestesia). Verranno prescritte delle terapie antibiotiche e antinfiammatorio-analgesiche a seconda della gravità all’ingresso, oltre alle terapie per l’eventuale gestione di fenomeni artrosici già in atto o che rischiano di instaurarsi.

Verranno effettuati 3 controlli fissi: 

  • A 10 gg per controllare la sutura e vedere se prolungare oltre la terapia antibiotica.
  • A 30 e 60 gg per eseguire le radiografie di controllo e valutare l’avanzamento della guarigione e controllare che non ecceda nel movimento.

Durante i 60 giorni post-operatori la zoppia sarà altalenante dipenderà dal fatto che appena si sento no bene caricano l’arto comportando per il giorno successivo una zoppia maggiore. In genere non devono esserci cambi di atteggiamento repentini, la zampa non deve mai essere calda, gonfia o dolente e men che meno a penzoloni o storta.

Possibili complicanze

La prima complicanza è che si sporchi, bagni o scenda il bendaggio (accadrà è solo questione di ore), va levata appena si manifesti una delle situazioni indicate e va applicato un collare elisabettiano o simili, per evitare che si lecchi.

Le complicanze sono divisi in maggiori e minori e le percentuali riportate in letteratura sono varie, ma tutti concordano che in primo luogo siano legate all’esperienza del chirurgo. Le complicanze maggiori hanno percentuali molto basse inferiori al 2%, mentre le minori sono più frequenti 5-7%.

Se si leccano partono immediatamente infezioni cutanee che possono poi evolvere e coinvolgere i tessuti circostanti, se arrivasse alla placca e all’osso diverrebbe una complicanza maggiore, sino a richiedere una revisione della chirurgia.

Infezioni per altri motivi sono comunque rare ma possibili.

Possono formarsi ematomi di diverso grado e distribuzione, diventano gravi se concomitanti a un importante gonfiore e dolore.

Possono subentrare delle lacerazioni del fascio vascolare popliteo, in genere intra-operatorio, segnalato aneddoticamente il giorno successivo.

Reazioni dermiche ai fili di sutura da gestire come se fossero iniziali infezioni.

Nel caso di salti o corse o movimenti eccessivi si può (rarissimo) arrivare alla rottura di una o più viti o addirittura della placca (ancora più raro), evento che richiederebbe immediata revisione chirurgica.

Sono possibili ritardi della guarigione ossea, in genere la causa principale è l’eccesso di movimento. Sono possibili fratture di tibia sempre secondarie a movimento eccessivo o errato o trauma.

Sono possibili deviazioni assiali di tibia di origine chirurgica o successivamente traumatica. Se tali deviazioni sono significative può avvenire una lussazione rotulea.

Alcuni studi riportano che il 3,5 % di pazienti con menisco sano al momento della chirurgia riesca a rompere il menisco mediale nell’anno successivo, esperienza dell’autore inferiore all 1%.

Cedimenti di suture sono in genere successive a lambiresti, sfregamenti o traumi, difficilmente cedono per motivi primari.

 

Col termine detartrase si intende la rimozione del tartaro dentale. Ossia quel deposito giallognolo-marrone o grigio che può avvolgere i denti. Purtroppo nella realtà dei fatti la maggior parte dei nostri pazienti, cani o gatti, giungono ai controlli dentali con situazioni che vanno decisamente oltre, spesso hanno una serie di patologie dentali secondarie al tartaro davvero drammatiche. Si tratta di vere e proprie parodontopatie che coinvolgono non solo la bocca ma l’intero organismo. Perché vi chiederete? 

Cos’è


La risposta sta nella quantità di batteri, tossine e cataboliti che dalla bocca si liberano nel torrente circolatoirio mettendo sotto stress diversi organi, sino a sviluppare patologie “lontane” dalla bocca, come a livello renale, epatico, trombotico in generale. Tornando ai denti se la situazione del tartaro è già tale da implicare sofferenza gengivale i controlli devono estendersi alla salute dei denti, tramite radiografie dettagliate e-o valutazioni chirurgiche. In maniera molto semplice è tutto evitabile con una buona igiene orale quando possibile: lavare i denti, oppure con periodiche pulizie dentali, come per noi. La detartrase viene effettuata con un ablatore a ultrasuoni, che non rende possibile la pratica a paziente sveglio, sovente segue una breve lucidatura dei denti per ridurre le recidive.

Quando farla


Nel cane e nel gatto viene effettuata solo quando si presenta la patologia descritta nella sezione “cos’è”. Sovente si riscontrano sottostanti patologie come già descritto che richiedono interventi ben più importanti, come estrazioni, devitalizzazioni e-o ricostruzioni.

Cosa aspettarsi

Si tratta di una chirurgia che viene eseguita in regime di day hospital. Alla dimissione il vostro cane o gatto sarà completamente sveglio, forse un po’ meno attivo, i farmaci analgesici e spesso oppiacei consentiranno il buon controllo del dolore ma possono lasciare sonnolenza.

Il cavo orale se sottoposto a solo detartrase e non a chirurgie maggiori potrà presentare al limite qualche residuo di sangue gengivale, ma deve essere possa cosa. Potreste osservare qualche residuo di pasta abrasiva bianca-grigia o rosa, utilizzata per lucidare i denti.

Gestione post-operatoria

Non occorre applicare un collare elisabettiano. Le grandi funzioni organiche (cibarsi, bere, fare i bisogni) devono essere nella norma. Può accadere che per 3-4 giorni non defechi, nel caso è sufficiente dare una piccola quantità di latte (da mezza tazzina a una tazza a seconda della taglia) per favorire la ripresa della defecazione (secondario all’anestesia). Verranno prescritte delle terapie antibiotiche e antinfiammatorio-analgesiche a seconda della gravità all’ingresso, oltre alle terapie per l’eventuale chirurgia orale eseguita.

Possibili complicanze

Le complicanze legate a un detartrase possono solo essere secondarie alle complicanze anestesiologiche, vedi sezione dedicata. Se coesistono patologie maggiori, come infezioni dentali, parodontopatie in generale, le complicanze più frequenti sono legate ad estrazioni mal eseguite in cui residuano nell’alveolo dei frammenti di radice dentale. Certamente esternamente, inizialmente non vedrete nulla, tuttavia in futuro sono probabili nuovi ascessi o lisi ossee e situazioni decisamente gravi. In secondo luogo sono possibili cedimenti di punti se applicati a livello gengivale, piccoli sanguinanti, difficoltà a masticare per qualche giorno. Sono possibili osteomieliti localizzate, che in genere sono già presenti all’ammissione del paziente per la patologia.

Col termine otoematoma si intende una patologia della pinna auricolare, o padiglione. La struttura dell’orecchio, inteso nella frazione denominata pinna auricolare è formato da tre strati, quello interno dermico, uno strato o foglio cartilagineo (interno) e dalla parte opposta lo strato dermico esterno, in genere più ricco di peli. Sia nel cane sia nel gatto è possibile che a seguito della rottura di uno o più vasi sanguigni, posti all’interno della pinna, ossia tra le due pagine cutanee, queste si separino, riempiendosi di sangue. Come fosse un palloncino (può andare da piccolo e localizzato a coinvolgere l’intera pinna).

Cos’è


In genere a nulla serve drenare l’ematoma con cateteri e orsi aghi poiché si riforma in brevissimo tempo. Alcuni trattamenti poco invasivi sono stati risolutivi aspirando l’ematoma e versamento e inoculando del prp. Tuttavia non è chiaro il tasso di recidiva che pare essere comunque alto. La chirurgia più utilizzata prevede una l’incisione della pagina interna che ben divaricata permette una buona pulizia del contenuto e successivamente la sutura con diversi punti tipo materasso ad avvicinare le due pagine tra loro scollate. Cosi facendo la guarigione consente il controllo della patologia.

Quando farla


Nel cane e nel gatto viene effettuata solo quando si presenta la patologia descritta nella sezione “cos’è”. Sovente si riscontrano sottostanti otiti che giustificano il fasti+dio auricolare e il continuo sbattere delle orecchie che può essere alla base della patologia.

Cosa aspettarsi

Si tratta di una chirurgia che viene eseguita in regime di day hospital. Alla dimissione il vostro cane o gatto sarà completamente sveglio, forse un po’ meno attivo, i farmaci analgesici e spesso oppiacei consentiranno il buon controllo del dolore ma possono lasciare sonnolenza.

L’orecchio presenterà molti punti di sutura e a volte vengono impiegate delle spugne chirurgiche compressive e-o bendaggi. Il medico vi informerà inoltre dei trattamenti eseguiti per controllare o curare l’otite sottostante. La pagina auricolare interna può apparire irritata.

Gestione post-operatoria

Occorre controllare che non strusci o si gratti la ferita per almeno 12 giorni in nessuna maniera, può essere necessario applicare un collare elisabettiano. Controllare costantemente l’aspetto dell’orecchio e gestire come da indicazioni la sua pulizia. Le grandi funzioni organiche (cibarsi, bere, fare i bisogni) devono essere nella norma. Può accadere che per 3-4 giorni non defechi, nel caso è sufficiente dare una piccola quantità di latte (da mezza tazzina a una tazza a seconda della taglia) per favorire la ripresa della defecazione. Verranno prescritte delle terapie antibiotiche e antinfiammatorio-analgesiche, oltre alle terapie per l’eventuale otite riscontrata.

Possibili complicanze

Le complicanze maggiori sono necrosi di parte dell’orecchio, in genere dovuta a eccessive suture e-o soprattutto scorretta gestione post operatoria. Sono possibili gocciolamenti siero ematici che devono essere in misura molto contenuta e se persistono devono essere segnalati al medico. Sono possibili cedimenti della sutura e ripresa del sanguinolento. Sono possibili recidive in tempi brevi e-o lunghi, in misura inferiore a qualunque altra gestione non chirurgica.

Alla fine residua una cicatrice interna al padiglione abbastanza visibile, in genere non subentrano importanti deformità della pinna come nei casi di trattamenti non chirurgici.

Nel caso si sia optato per ripetuti drenaggi o iniezioni dii prp e derivati ematici probabilmente l’orecchio andrà incontro a processi cicatriziali che arricceranno in maniera poco estetica l’orecchio. 

In tutti i casi sono possibili infezioni di vario grado, per le quali si invita a tenere sotto controllo l’aspetto dell’orecchio che deve essere pulito e asciutto.

Le recidive possono subentrare in zone differenti della pinna e non essere considerate delle vere e proprie recidive.